Rivoluzione francese nazionalismo

Rivoluzione francese e nascita dello stato moderno

Rivoluzione francese e nazionalismo sono elementi importanti per capire il concetto di stato.

In Francia nasce il concetto di nazione, di sovranità nazionale, elemento in cui tutti i cittadini si rispecchiano e si identificano. Tuttavia tale rivoluzione, seguendo una parte della dottrina costituzionalista, altro non fu che una rivoluzione borghese e non populista in quanto il rapporto tra i cittadini sarà fondato ancora sul censo.

Dovevano essere allargate le basi della società, si auspicava creare l’eguaglianza sostanziale per conservare la pace, il consenso e la sicurezza, ed invece si crearono le basi per il ritorno all’autoritarismo, che rinascerà con l’avvento di Napoleone. La rivoluzione francese scoppiò perché non c’era coesione sociale in quanto la monarchia era assoluta, ma fallì il suo obiettivo e si tornò al punto di partenza. Il potere regio fu sconfitto per lasciare il posto al potere di un imperatore, anche se tuttavia, “l’uomo dagli stivali”, con la creazione del codice civile e del codice di commercio, con la nascita della prefettura, con tutta una serie di leggi riferendosi al diritto romano, fu un elemento importante e un punto di riferimento per il diritto e la politica.

In Francia non era possibile riprodurre il modello inglese in quanto mancavano le condizioni di tempo e la situazione era diversa. In Francia si doveva partire da zero, creare tutto, creare la società e formare gli individui intesi come cittadini e non più come sudditi di un potere assoluto

La rivoluzione francese, a prescindere dal fatto che non risolse in concreto i problemi legati all’assolutismo, fu importante per tutta la storia contemporanea, la quale segna la fine di un periodo storico che aveva dominato l’Europa e creando il concetto cardine di nazione che diventerà fondamentale per la creazione della coesione e per decentrare il potere assoluto, concetto nel quale gli individui diventano una cosa sola e si rispecchiano negli ideali della nazione stessa.

La borghesia si allea con il baronato per annientare la monarchia, due classi sociali totalmente distinte che raggiungono un compromesso mentre l’assolutismo giunge al culmine del suo percorso.

I teorici Montesquieu, Diderot, Rousseau e Voltaire, che si riferiscono al modello inglese come quello idealizzato da perseguire saranno i pensatori della rivoluzione borghese, gli ideatori del progetto che farà nascere la forma istituzionale nuova che diventerà il simbolo della democrazia. In Francia però, a differenza del Regno Unito in qui si era raggiunto un equilibrio con Guglielmo Il Conquistatore, non deve esser raggiunto un modello fondato sull’equilibrio, in quanto il re non vuole mollare il potere. Farà di tutto per opporsi alla rivoluzione provando a scendere a compromessi per guadagnare tempo e tornare sul trono, ma non ci riuscirà e verrà giustiziato.

Per quanto il modello inglese sia modello idealizzato e quindi modello di riferimento, non fu quindi possibile applicarlo alla Francia. Essa cercava di rompere il potere regio, per fondare una società che diventasse il fulcro della sovranità, attribuendo ad una serie di classi il potere effettivo all’interno del Parlamento.

La Rivoluzione francese scoppiò perché mancava la coesione sociale in quanto la monarchia assoluta non garantiva pace e sicurezza (finalità della base dello stato) e creava conflitti, non c’era ordine sociale definito.

Del resto ogni singolo evento deve essere valutato a distanza di tempo, in modo imparziale e distaccato. I borghesi che fecero la rivoluzione non immaginavano che essa in realtà avrebbe creato ulteriori problemi e soprattutto che avrebbe consegnato il potere in mano ad un dittatore. A distanza di due secoli si può delinearne concretamente le conseguenze e affermare il risultato che essa ha dato, valutare e criticare con gli strumenti che possediamo oggi, frutto di studi giuridici, storici e politici. Del resto in Italia i cittadini che diedero il consenso a Benito Mussolini per vent’anni non sapevano cosa sarebbe stato il fascismo, né i tedeschi potevano immaginare che il loro popolo si sarebbe macchiato di crimini contro l’umanità atroci come l’Olocausto, dovendo poi subire la vergogna del processo di Norimberga. Ma la storia è proprio questo, bisogna distinguere il fatto concreto dalla fattispecie astratta e toglierlo dal suo contesto per poterlo analizzare senza pregiudizi e obiettivamente, altrimenti l’interpretazione risulta viziata e di conseguenza la moralità non si integra con il diritto ed il buon senso viene meno.

Il 1789 fu l’anno che cambiò le sorti del continente europeo, creando le basi di quello che siamo riusciti a creare oggi.

Partendo dal basso, era necessario creare le basi minime dell’ordine, che si ottennero mediante la coesione attorno a certi valori posti come fondamento della società e dell’ordinamento statale. In Inghilterra già nel settecento non si era posto tale problema perché fu risolto gradualmente, scegliendo il percorso riformista e non rivoluzionario.

In Francia invece nasce il concetto di nazione, che raggruppa coloro i quali, a prescindere dalla provenienza, s’identificano nei valori rivoluzionari di libertà e di eguaglianza. La nazione è un concetto che crea le basi per l’ordine sociale, attua la situazione da cui emerge il consenso. Fare parte della nazione francese significava far ed esser parte del consenso. E sulla politica del consenso un secolo dopo nacque il nazionalismo, il quale sfociò in antisemitismo nel terzo Reich, in volontà di potenza della nazione nell’Italia fascista e nell’imperialismo in Francia e in Inghilterra.

Il concetto di sovranità diventò unitario e non più frazionario, unica è la sovranità perché c’è l’unicità della nazione, nella quale si ritrovano tutti i cittadini stanziati su uno stesso territorio. In Francia tutto partiva da zero, si creò la società e la nazione stessa ma alla base non c’era un’autoregolazione, non c’erano ancora i fondamenti per creare la coesione.

Si doveva creare la legittimità dell’autorità instaurando la centralità del Parlamento. Così nacque il concetto di legittimità partendo dal basso, coinvolgendo ogni classe sociale. si doveva creare la coesione e quindi l’unità politica con riferimento a tutta la popolazione, senza distinzione di classi formando la base stessa del consenso. Si partiva da zero per causa del sovrano assoluto. L’eguaglianza e la libertà erano concetti che non potevano esser mantenuti in modo ristretto ma dovevano con graduazione (a seconda dei ceti) esser allargati, estesi, coinvolgere tutti, per creare una base minima di consenso per ottenere la pace e la sicurezza.

Di conseguenza, sotto questo punto di vista, la rivoluzione del 1789 in realtà sarà un fallimento, non creò la coesione essenziale (anche se in parte risolse i problemi del tempo, fu l’elemento giusto che permise alla Francia di andare avanti e continuare ad essere una grande potenza. Allo stesso modo Renzo De Felice definì il fascismo, inteso come “autogiustificarsi” della nazione italiana, male minore che serviva per uscire dalla crisi dello stato liberale) bensì si crearono le basi per il ritorno all’autoritarismo.

La sovranità della nazione cosi come

quella della monarchia, dell’aristocrazia o della democrazia, anche se tale concetto è inteso in modo assoluto, deve esser sorretta da una legittimità per creare coesione, consenso ed unità politica.

Qualsiasi teoria si possa affermare circa la rivoluzione francese, essa fu un evento di grandissima importanza per la storia, il diritto la politica e la filosofia per creare gli elementi fondamentali che ritroviamo oggi in tutti gli ordinamenti statali, diventati tutti democratici dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.