Giolitti con i socialisti


un rapporto di mediazione e convenienza

Il bisogno di un appoggio da parte delle forze socialiste nacque dalla consapevolezza di un indebolimento dei partiti di origine risorgimentale.
Seppure i liberali avessero la maggioranza, il partito era comunque diviso in piccoli gruppi in lotta tra loro.  Deboli erano anche i radicali, composti da libero professionisti e intellettuali e i repubblicani erano una minoranza.

Giolitti cercò il consenso dei socialisti facendo propri alcuni punti del programma minimalista, quali la libertà di parola, di stampa, di riunione e il riconoscimento dei sindacati.

Appoggio di un partito diviso all’interno

Il proposito di fare del PSI un partito collaborazionista, tuttavia, si scontrava con l’esistenza, al suo interno, dell’ala minimalista e di quella massimalista, con il rischio di una scissione. Conseguente fu quindi il rifiuto di Turati a entrare a far parte del governo.

Il ruolo di Turati

Turati, del resto, aveva evitato la scissione proprio nel Congresso Socialista del 1900, in cui aveva sostenuto che il programma minimo, simile quello giolittiano, doveva essere visto come primo passo verso il raggiungimento di quello massimo.

Proprio sul fronte socialista, Turati aveva però dovuto anche scontrarsi con i sindacalisti rivoluzionari. Essi avversavano un sistema liberale-parlamentare e vedevano nello sciopero generale l’unico sbocco rivoluzionario possibile.
Turati , tuttavia, condivideva con gli esponenti della destra riformista una prospettiva riformista e non rivoluzionaria. Secondo tale visione era necessario puntare sul suffragio universale per trasformare il parlamento nel rappresentante del popolo. L’obiettivo era quello di evitare che tale istituto diventasse un mero organo della borghesia.

Il primo sciopero generale

Il primo esperimento di sciopero generale, voluto dai sindacalisti rivoluzionari, si ebbe nel 1904. Giolitti attuò la sua caratteristica politica di non intervento e dopo aver sciolto il parlamento, indisse nuove elezioni.
Tale modo di agire si presentò come un successo per Giolitti, dal momento che la sinistra parlamentare s’indebolì, nel PSI si rafforzarono i riformisti e molti cattolici votarono candidati liberali non anticlericali.

il modello giolittiano come sistema

A prescindere da ogni giudizio sul periodo dell’età Giolittiana, esclusa la parentesi del ventennio fascista, esso diventerà un vero e proprio modello del sistema politico italiano. La politica del non intervento sarà una caratteristica anche del secondo dopoguerra con l’avvento dell’egemonia della Democrazia Cristiana.