costituzionalismo inglese

Costituzionalismo in Inghilterra

sorgono altri problemi, legati al concetto di libertà, e quindi si amplia il rapporto verticale, in quanto l’accesso al Parlamento vale solo per una determinata categoria di individui. Il principio di democraticità è del tutto assente nel regno Unito e di conseguenza la maggior parte della popolazione rimane esclusa dalla partecipazione e dalla rappresentanza politica.

Il concetto centrale di proprietà creava problemi in quanto alla presenza di un proprietario, c’era un altro individuo che non lo era e che veniva emarginato. Non vi è più soltanto la proprietà intesa come diritto assoluto, ma accanto ad essa ne sorgono altri. L’autorità deve limitarsi in funzione della libertà.

modello inglese

Il modello inglese fondamentalmente si caratterizzava per una vera e propria coesione. I  fattori che stavano all’origine erano la legittimità ed il consenso i quali davano la spiegazione all’individuazione delle ragioni.  In base a queste nel Seicento si evidenziava un sistema che poteva permettersi di concepire la sovranità non assoluta ma frazionata.

Con Cromwell si giunse alla cacciata stessa della monarchia.  Per un certo periodo, egli adottò una politica dura per reprimere il passato, rifiutandosi egli stesso di esser proclamato re per sfuggire al controllo del Parlamento, organo che stava assumendo un’importanza sempre più maggiore.

Il parlamento diventa una vera e propria camera di discussione. Tuttavia si vota per censo e quindi possono votare solo i ricchi. La sovranità non era collocata interamente nel popolo, ma in ogni caso non interamente nel parlamento in quanto la monarchia aveva un potere ancora abbastanza forte. Il re conservava un potere esecutivo decisionale. La sovranità non era in capo ai baroni perché erano vincolati dalla Magna charta e limitati dalle corti regie. Era pur sempre una sovranità frazionata, un sistema di pesi e contrappesi che insieme formavano una coesione. Il sistema inglese divenne un modello di riferimento da imitare.

Gerarchia dei poteri

Se si parte dal basso, è necessario creare le basi minime dell’ordine, che si ottengono mediante la coesione attorno a certi valori. In Inghilterra tale problema non si è posto in quanto non vi erano questioni sociali da risolvere come in Francia o in altre nazioni.

Si presta l’attenzione ad altri problemi, quelli legati alla libertà, quindi si amplia il rapporto verticale (autorità – libertà). Se mancano la pace e la sicurezza, si ha conflitto tra gli individui.

Nel regno Unito ruolo centrale aveva il concetto di proprietà e il discorso ruotava attorno al fatto che essa creava comunque conflitti in quanto c’è chi era proprietario e chi non lo era, e l’emarginazione di questo ultimo suscitava un conflitto tra i soggetti, i quali si contendevano la sicurezza sociale e l’armonia di convivenza (come quanto affermato prima).

Con la nacita del contratto di lavoro, nasce il concetto di limite, in quanto riconoscendo un diritto (del lavoratore) si limita un altro diritto (del datore di lavoro). Si allargano le basi per l’eguaglianza e quindi gli individui iniziano ad esser presi in considerazione nella loro totalità, e non solo sotto il profilo economico. Nascono i principi di dignità umana e di eguaglianza. Si iniziò allora a teorizzare il “labour industry”, ossia le teorie sul contratto di lavoro e le sue garanzie cercando in qualche modo di ridurre la disuguaglianza causa dalla proprietà e trovare una soluzione concreta per porre fine ai problemi sociali.

Il conflitto religioso invece in Inghilterra venne risolto sulla tolleranza religiosa, sul fatto che l’autorità dovesse esser limitata al proprio credo religioso, e quindi non discriminare le varie religioni sorte dalla riforma e dalla controriforma. Del resto oggi la libertà religiosa è massima nel Regno, a parte i conflitti che continuamente sorgono in Irlanda tra cattolici e protestanti, la tolleranza religiosa è giunta alla sua massima realizzazione.

La situazione inizia a cambiare nel corso dell’ottocento, dopo l’ondata di rivoluzioni del 1848 e dopo gli ideali sorti con la rivoluzione francese.

Il regno Unito sceglie la via delle riforme senza rivoluzioni, con meccanismi di revisione graduali. Nel corso dell’ottocento è di fatto un paese molto più avanti in Europa sotto il punto di vista economico, sociale e politico.

Dal punto di vista economico la popolazione è divisa per impiego. L’industria è un elemento importante, emerge il terziario.

L’Inghilterra in quanto patria del costituzionalismo diventa uno stato con un sistema parlamentare-liberale. Già da molti decenni il parlamento era al centro del sistema politico dopo il 1688 con la Glorious Revolution che diede vita al Bill of right del 1689.

Il sovrano inglese regna ma non governa, sta al di sopra delle parti ed è il simbolo della nazione.

Dal punto di vista politico il potere passa nelle mani del governo e del parlamento. Al vertice vi è un re, poi il primo ministro è il capo del governo e coincide con il leader del partito che ha vinto le elezioni politiche che ha bisogno del sostegno del parlamento. Questo ultimo è bicamerale (Camera dei Lords, non eletta dal popolo ma nominata dal re, e la Camera dei comuni, eletta dal popolo nella quale operano i due partiti dell’ottocento, i conservatori e i liberali).

La camera dei comuni era eletta dal popolo ma l’Inghilterra non è stata la patria del suffragio universale, lo si adottò molto più tardi rispetto alla Francia. Era un suffragio ristretto, che ha avuto un allargamento progressivo. Il governo inglese ha tuttavia bisogno della camera dei comuni, di fondamentale importanza in quanto rappresenta la parte concreta del popolo. La camera dei Lords aveva la funzione di controllo, come rallentamento di eventuali passi azzardati della camera dei comuni (un po’ come oggi avviene nei sistemi bicamerali). La camera dei Lords aveva l’ultima parola di veto sulle decisioni, ma non ha mai posto veto sulla legge fondamentale, la legge finanziaria.

Si è avuto un allargamento del suffragio in modo graduale. Vi sono state tre grandi riforme elettorali inglesi (1832-1867-1884), non arrivando ancora al suffragio universale. Queste riforme non furono fatte da un partito, vi era alternanza nella scelta. Si ha tuttavia un momento di rottura molto forte nella crisi 1909-1910, quando si interrompe un procedimento che si era consolidato nella prassi politica, quando la camera dei Lords decide di metter un veto su una legge finanziaria della camera dei Lords. Vi è anche uno scontro nei comuni in cui i conservatori si schierano con i lords. Si hanno due elezioni politiche nel giro di un anno ed i conservatori sono sconfitti. Il governo Asquith decide di regolare i conti con la camera dei Lords varando un provvedimento, il “parliament act” che toglie alla camera dei Lords il potere di bloccare una riforma finanziaria, e quindi si ha un ridimensionamento dei Lords all’interno del sistema. Dall’interruzione della prassi nasce il provvedimento che metterà fine alla supremazia dei Lords, giungendo quasi a parificare le due camere.

Da questo momento l’Inghilterra diventa concretamente una monarchia parlamentare, in qui il ruolo del parlamento è di fondamentale importanza e le due camere sono equiparate a livello di poteri e di rappresentanti.