Pierri Antonio: Caporal maggiore di Artiglieria
Nato il 17 dicembre 1921, è il figlio di un eroe della Grande Guerra. Difatti, il padre era un sergente del 92 esimo reggimento di fanteria. Ha combattuto nel settore del Cadore della IV armata. E’ sopravvissuto al periodo di Caporetto. Fu il luogo dove la Quarta armata si è ritirata nel novembre del 1917 sul Grappa. Questa continuò a combattere al comando dell’Ex Bersagliere Gen. Giardino.
Il padre ha ottenuto la croce di merito al valore militare e la croce al merito di guerra. Inoltre, nel 1936 ha anche partecipato alla Guerra d’Africa con il grado di sergente e capo squadra.
Sulle orme del padre
Seguendo le sue orme, Antonio Pierri nel gennaio 1941 viene chiamato alle armi nel 226 esimo reggimento fanteria con il grado di Caporale. Successivamente raggiunge il 48 esimo reggimento a Bari fino a novembre 1941 combattendo sul territorio dichiarato in stato di guerra.
La campagna di Albania
Nel dicembre 1941 con il IV Battaglione del Comando Tappa parte per l’Albania dove combatte sulle coste adriatiche fino ad aprile 1943. A guerra inoltrata e davanti a scenari sempre più devastanti e drammatici per un ragazzo di vent’anni, deve rientrare in Patria. Sul fronte di guerra apprende la morte del padre, smobilitato dalla Guerra d’Africa. Scompare prematuramente a soli 48 anni a causa delle ferite e sofferenze patite sia durante la Grande Guerra sia in Eritrea.
Finita la licenza di quindici giorni concessa per la perdita del genitore, a metà aprile 1943 si imbarca nuovamente per le sponde albanesi. Viene promosso caporal maggiore di artiglieria e continua a combattere.
L’armistizio del 8 Settembre
L’8 settembre 1943 l’Italia viene divisa in due con l’armistizio firmato dal Regno d’Italia con gli Alleati vedendo contrapporsi il paese su due fronti. L’Italia del Re con gli americani e gli inglesi contro la Repubblica di Salò di Mussolini che continua a combattere affianco alla Germania nazista. A quel punto, i soldati italiani si trovano a dover prendere una dura decisione. Aderire al nuovo regime costituito e marchiato col sangue oppure combatterlo andando incontro alla morte o ad un crudele destino. Su tali presupposti inizia la Resistenza dove i partigiani con tutte le loro forze si battono per liberare la nazione dal nazifascismo.
Contro il nazismo e la cattura
Antonio Pierri decide di non collaborare con i tedeschi e di combatterli. Cerca di resistere alle loro cruenti offensive. Purtroppo, viene catturato e fatto prigioniero in data 10 settembre 1943. Ed è così che, sostando prima in diversi lager, viene condotto nel campo di concentramento Staalag XX° A 48266 a Thorn. Lì è adibito ai lavori di miniera per il ricavo del carbone. Gli viene assegnata la lampada n° 2892 Hoenegger. Lavora per 12 ore al giorno a digiuno e trattato con lo scudiscio. A causa di tali sofferenze si ammala e patisce dolori, sofferenze e paure, vedendo giornalmente la morte in faccia. In quei luoghi la crudeltà dei tedeschi non si placa ed il terrore si attenua solo grazie al desiderio di sopravvivere.
La liberazione
Fortunatamente la guerra sta per finire ed Antonio Pierri viene liberato dall’esercito russo. Con l’armata rossa raggiunge Bologna un paio di mesi dopo la liberazione del 25 aprile 1945.
In seguito, torna a piedi, tra un passaggio e l’altro, nel Distretto militare di Lecce nell’agosto 1945 dove ottiene il foglio di licenza. Rientra finalmente nella sua casa a Ugento alla fine dell’ottobre 1945.
Il dopoguerra e la Rinascita
Gli anni dopo la guerra sono terribili e lasciano degli orrori e dei fantasmi indelebili nella mente e nella memoria. Antonio trova la forza di ricominciare e di iniziare una nuova vita. Si sposa e forma una famiglia. Si mette a studiare intensamente e ottiene il diploma di infermiere professionale. Inizia così una carriera nel settore sanitario. Lo vedrà tra i protagonisti del primo staff medico del neonato Ospedale “San Giuseppe” di Copertino diventandone il Capo reparto della sala operatoria.
Alto valore morale
Antonio Pierri è stato uno degli uomini fortunati che, nonostante le sofferenze della guerra e della crudele prigionia nei campi di concentramento nazisti, è sopravvissuto al conflitto mondiale. La sua testimonianza rappresenta un prezioso valore da tramandare alle future generazioni. Egli rimarrà motivo di orgoglio e onore per tutti i suoi cari per non avere mai perso la speranza lottando per la vita e la libertà.